Nel settembre 2017, mese dedicato alla consapevolezza e alla visibilità delle persone bisessuali, il blog Progetto Genderqueer (e non solo) è stato contattato per venire informato di un progetto: il calendario intersezionale di Bossy. Si tratta, per l’appunto, di un calendario dedicato a varie tematiche: omocausto, salute della vagina, comunità transgender, gender pay gap, bullismo, gay pride, femminismo intersezionale, body positivity, machismo, slut shaming, violenza contro le donne e prevenzione delle malattie sessualmente trasmissibili. Bossy è infatti un portale on line che si occupa di femminismo intersezionale e parità nel senso più ampio del termine: parla di discriminazione femminile e maschile, diritti LGBT+, stereotipi. Abbiamo deciso di intervistare Irene Facheris, fondatrice e coordinatrice di Bossy, per saperne di più su questo stimolante progetto. I contenuti dell’intervista interessano tuttora, perciò li abbiamo riportati anche su questo sito.
Benvenuta, Irene Facheris: Bossy è unicamente un canale on line? O vi esprimete anche con altri strumenti?
Bossy è un progetto e, per far sì che la gente lo abbracci e ne faccia parte, Internet è necessario, ma non sufficiente. Anzitutto, andiamo nelle scuole, parliamo direttamente ai ragazzi, riflettiamo con loro sulla società di oggi, ascoltiamo le loro domande e proviamo a creare assieme le risposte. Poi, ci sono tutte le nostre iniziative. La più famosa è sicuramente il Pimp My Pride: un format originale creato da noi, un evento dove le persone possono colorare/abbellire/pasticciare una maglia bianca, aiutati da illustratori professionisti, una settimana prima del Pride. L’idea è quella di preparare le magliette da indossare poi durante il corteo, dietro lo striscione di Bossy.
Bossy è un canale femminista, ma che tiene all’intersezionalità e si occupa di “parità” su molti piani diversi… Com’è la composizione della redazione, in termini di genere/etnia/ceto sociale/orientamento sessuale? C’è la prevalenza di un elemento rispetto all’altro o vi potete definire un gruppo variegato?
Siamo uomini, donne, non-binary, italiani, stranieri, etero, queer… C’è una rappresentazione davvero ampia. Bossy parla a tutte le persone, questo fa sì che anche i redattori siano variegati!
Farò, per un attimo, il finto avvocato del diavolo: avendo una concezione così ampia del femminismo, non avete paura di perdere la vostra identità come movimento?
La nostra identità È la concezione del femminismo come intersezionale. Ci occupiamo di persone e vogliamo fare la nostra parte per essere utili. Questo ci è sempre stato molto chiaro e, quando hai chiaro l’obiettivo, anche l’identità va di pari passo.
Qual è il filo conduttore con cui riuscite a trattare così tante tematiche? La parità, certo: ma c’è anche altro?. E cosa intendete per parità?
Il filo conduttore è sicuramente la parità, cioè l’idea che le persone valgano indipendentemente dal loro orientamento sessuale, identità di genere, etnia, credo o cultura di appartenenza. Come altro fil rouge, citerei l’empatia, la capacità di comprendere il punto di vista dell’altro e rispettarlo. Che non vuol dire necessariamente condividerlo…
Com’è il mondo in cui vi piacerebbe vivere? Insomma: qual è l’ideale complessivo di Bossy e di Irene Facheris?
Un femminismo della quinta ondata, dove non è più importante parlare di uomini e donne, ma di PERSONE.
C’è un’alta conflittualità fra le componenti interne a Bossy o riuscite a mantenere una certa concordia?
Siamo un meccanismo ben oliato, abbiamo un attitudine comprensiva di fondo che ci permette di discutere e confliggere senza per questo minare la relazione. Magari, possiamo essere in disaccordo sul COME fare una certa cosa, ma raramente mettiamo in discussione il PERCHÉ.
Infine: quanto successo sta avendo il vostro “Calendario intersezionale”?
Speravamo che piacesse; non immaginavamo però questo successo. Nelle 48 ore successive all’apertura dello shop, siamo andati in tilt con le spedizioni; non eravamo pronti a tutta questa domanda. Ora, stiamo prendendo il ritmo. Evidentemente, c’era bisogno di un oggetto del genere, di un calendario che non ricordasse solo Natale e Pasqua, ma anche tutte quelle date centrali per il femminismo e la comunità LGBT. Il fatto, poi, di aver dedicato un tema ad ogni mese permetterà alle persone di riflettere, in maniera anche leggera, per tutto il 2018. E noi siamo contenti di poterlo passare con loro.
Erica “Eric” Gazzoldi
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