I bostoniani e la famiglia queer, vecchio e nuovo!
Negli ultimi mesi abbiamo sentito più volte l’aggettivo “queer”associato al concetto di famiglia (trattato ampiamente dalla scrittrice Michela Murgia). Un termine che è stato sviscerato in ogni sua declinazione, facendolo apparire anche assurdo a tratti, e da questo partiamo saltellando nel passato e analizzando I bostoniani.
I bostoniani vogliono essere un esempio di come in Paesi non lontani dal nostro siano state prese in esame tematiche inclusive da moltissimo tempo. Questo deve farci aprire gli occhi e farci chiedere se è ancora il tempo di divagare e guardare oltre o, finalmente, diventare moderni!
In questo la storia, I bostoniani o Gente di Boston (questi i due titoli italiani), può essere un esempio di parallelismo con il concetto moderno di famiglia queer.
Da I Bostoniani alla famiglia queer
Nel 1885 venne pubblicato per la prima volta su The Century Magazine e l’anno successivo presso la Macmillian Publishers Ltd and Co. di Londra un romanzo molto corposo (si trattava di tre tomi) che analizzava la condizione sociale e politica dell’Inghilterra di quel periodo. Perché citare questo romanzo?
L’autore, Henry James, non era nuovo al romanzo che mettesse il focus su tematiche contemporanee e proprio in questo romanzo trattò la vita di un uomo e due donne durante una convivenza a tre.
La trama descrive Basil Ransom (avvocato conservatore) che si reca a casa della cugina Olive Chansellor (emancipata femminista) mentre quest’ultima convive e protegge Verena Tarrant (una giovane donna dalla natura passiva e indecisa ). Questo romanzo è un esempio di come la società americana ha trattato questo genere di tematiche già moltissimi anni fa mentre in Italia la situazione politica, sociale e religiosa non abbia mai realmente permesso un passo in avanti significativo sul tema.
Le donne insieme da sempre
I bostoniani ci mostra la difficoltà di scegliere la strada dell’emancipazione perché il triangolo sentimentale descritto da James esprime perfettamente il conflitto interiore che conduce, a volte, alla strada del perbenismo e della negazione.
Il periodo storico del romanzo è quello delle suffragette della seconda metà del 1800 impegnate nella lotta per i loro diritti. Olivia vede in Verena un talento naturale nell’arte oratoria e sente di poter dividere le proprie idee e la propria vita con la giovane donna, con la quale sembra avere molto in comune. La convivenza e l’intimità sembrano totali al punto da sfiorare il tema dell’amore lesbico .
Basil Ransom, esempio di mascolinità stereotipata
Basil Ransom rappresenta, a tutti gli effetti, la negazione del progresso e dell’emancipazione. Da uomo dei suoi tempi, regolato e regolatore di dinamiche ataviche che si ripetono senza fine; Ransom esegue il suo compito come ci si aspetta da un uomo eterosessuale in una società patriarcale (con esempi di mascolinità tossica).
Comprende le dinamiche sentimentali tra Olive e Verena ma non cambia la propria vita perché Basil esprime la quintessenza del patriarcato. L’uomo, forte dell’approvazione sociale che lo colloca in cima alla piramide sociale esprime il proprio punto di vista senza freni. Egli fa capire che la donna è succube dell’uomo.
A peggiorare le cose Basil Ranson, ne I bostoniani è naturalmente avverso per vocazione a quello stile di vita e ritiene inutili le lotte della cugina Olive e delle altre donne coinvolte; la sua massima considerazione femminile prevedeva una donna regina della casa nel divino connubio tra madre e moglie.
Il romanzo mostra i dubbi che crescono nella fragile mente suggestionabile della giovane Verena che, alla fine, si lascerà allontanare dalla lotta facendosi portare via dallo stesso Basil per poi pentirsene amaramente. Ma a quel punto sarà tardi!
Per lo scrittore americano Henry James l’unico finale possibile è, appunto, quello nel quale la donna abbandona se stessa e si piega al meccanismo sociale per non sembrare una “reietta” ma perdendo inesorabilmente il rispetto di se stessa.
In conclusione su tema queer e I bostoniani
La famiglia queer è un’evoluzione naturale del cosiddetto Boston marriage che altro non è che una convivenza tra donne iniziato nel 1800 per ovviare alla mancanza di indipendenza femminile. Proprio attraverso l’espediente di esso molte donne riuscirono a liberarsi dell’autorità spesso violenta del coniuge.
Tutto ciò non vi sembra, purtroppo, molto attuale e noto?
Anche nel nostro Bel Paese capita molto ormai sempre più spesso sentire di femminicidi e di comportamenti di violenze in ambito domestico e non. La storia delle suffragette ci ha insegnato che la prima reazione da parte degli uomini e da una parte conservatrice della popolazione femminile è stata di attaccare emotivamente e fisicamente chi voleva l’uguaglianza.
In questo contesto la famiglia queer fa paura perché minaccia la struttura patriarcale che vuole vedere la donna sottomessa e inferiore.
Va detto che ognunə deve poter trovare la propria dimensione e senso di esistere e, in questo, la famiglia queer è un modo davvero molto emancipato di condividere la propria vita. Magari così potremo cambiare il nostro finale de I bostoniani!
molto bello brava