Siamo nel regno della potenzialità, dell’esplorazione, propria e altrui: una volta smascherato il potere, possiamo smascherare il dolore.
Così si esprime Virginia Niri in merito alle pratiche comunemente riassunte dalla sigla BDSM: Bondage – Disciplina/Dominazione/Sottomissione – Sadismo/Masochismo. Natǝ nel 1990, è storicǝ contemporaneista, specializzatǝ in Storia della sessualità e Storia orale. La sua tesi di dottorato su “Autocoscienza femminista e liberazione sessuale” ha vinto il Premio Ettore Gallo e il Premio Paola Bora. Si definisce queer, femminista, sadomasochista, genitore e poliamorosǝ.
Giochi di dolore (2023, effequ) è l’opera in cui approfondisce i diversi aspetti delle pratiche BDSM. Non è né un manuale, né una narrazione pornografica, ma un saggio teorico, suddiviso per capitoli tematici. Ciascuno di essi ha per titolo una parola corrispondente a una sfaccettatura del BDSM. L’intento è di portare alla luce non solo il legame fra piacere e dolore, ma anche le implicazioni sociali e politiche dei “giochi di ruolo” riguardanti la cessione di potere e gli stimoli dolorosi.
Il BDSM come gioco di potere
Proprio “Potere” è il primo capitolo che incontriamo. La creazione voluta di uno squilibrio di potere fra i partecipanti è ciò che crea la tensione necessaria in qualsiasi rapporto BDSM. Di per sé, tale squilibrio è anche più importante della presenza del dolore fisico. Quest’ultimo è uno “spauracchio” che rimarca semplicemente la distanza di potere fra “dominante” e “sottomessǝ”, anzi: fra top e bottom, come si usa dire. Si tratta di giocare su una dinamica presente nella società e nella vita di tutti i giorni. Quale posto ha la minaccia implicita nei rapporti di coppia, a scuola, in presenza delle forze dell’ordine? Più di quanto vorremmo ammettere… “Mia moglie non vuole!”; “Mio marito si arrabbierà di certo!”; “E se prenderò una nota?”; “Ma stanno per manganellarci?” Tutto questo vi è familiare?
Il BDSM come ridicolizzazione e liberazione da uno stigma
Eppure, i rapporti di dominazione/sottomissione sembrano portare uno stigma incancellabile. “Stigma” è la seconda parola chiave del volume. Il BDSM è uno degli ambiti più pericolosi (in senso fisico) e più temuti della sessualità umana. Volutamente, i suoi praticanti si appropriano dei simboli più vieti: dalle catene alle fruste alle svastiche, persino.
Allora, in che senso (secondo Virginia Niri) il BDSM è liberatorio? Intanto, può liberare dal timore irrazionale causato da un simbolo. Ma – soprattutto – può liberare dall’idea della sessualità come qualcosa di esclusivamente genitale e riproduttivo. Guardare in faccia le proprie pulsioni per quello che sono ci porta inevitabilmente a riconoscere che la “norma” è irrilevante nei desideri erotici. Fuori da essa, infatti, si trovano anche l’esibizionismo, il feticismo, il voyeurismo, la zoofilia, la necrofilia, la masturbazione, l’omosessualità, ma anche le pulsioni provate da bambini e anziani, il desiderio “insufficiente” o “eccessivo”.
Il BDSM e le perversioni della “gente normale”
Tutto questo è presente in modo più o meno palese nell’arte e nella comunicazione. Pensiamo a quanto la pubblicità commerciale stuzzichi qualsiasi tipo di fantasia erotica, per dire. Ma pensiamo anche a miti immortali come Dracula: scevro di sesso vero e proprio, il romanzo di Bram Stoker è un riassunto di quei desideri “anormali” che abbiamo elencato. Ed ha avuto successo presso un pubblico vastissimo, “normalissimo”. Le stesse pratiche BDSM e i materiali pornografici più svariati si nutrono dell’interesse di persone che hanno vite regolari, confortevoli, “dentro le righe”. Facendo i conti, la famosa “norma” è una parte piccolissima della sessualità umana. Altrimenti, non avrebbe avuto bisogno neppure di apparati educativi e repressivi per affermarsi.
Il BDSM come disciplina
Allora, perché così tanto amore per la “Disciplina”, terza parola chiave del volume? C’entra sicuramente l’esperienza del servizio militare sperimentata dagli uomini gay durante la Seconda Guerra Mondiale. Non solo potevano trovarsi in un ambiente esclusivamente maschile a loro congeniale per ovvie ragioni: la disciplina dell’esercito mostrò loro che erano perfettamente in grado di sopportare fatiche e aver coraggio, “come i veri uomini”. La disciplina, per altro, è sempre stata una caratteristica di ambienti maschili come le caserme, ma anche come le carceri, i seminari, le squadre sportive. Ecco spiegato il diffondersi di simboli erotici legati a questi ambiti. Ma questa non è l’unica ragione della “D” nella famosa sigla. Le pratiche di “disciplina” costituiscono anche una parodia dell’educazione repressiva, un modo per ridicolizzarla ed esorcizzarla. Cedere o assumere potere riguarda anche
un sottile gioco di equilibri, empatia e conoscenza reciproca, ma soprattutto di fiducia (pag. 51).
Tutte cose che non si trovano certo in un rapporto fragile o poco significativo.
Il dolore fisico come stimolo benefico
Non dimentichiamo che il rilascio delle endorfine nell’organismo in seguito allo stimolo doloroso offre una spiegazione fisiologica al piacere e al rilassamento generato da una pratica apparentemente violenta. In altre parole, il BDSM può favorire la produzione di antidepressivi naturali. La sensazione benefica provata in conseguenza del dolore e dell’abbandono alla volontà altrui può arrivare a intensità mistiche.
L’eros “anormale” e i suoi orizzonti
L’analisi di Virginia Niri prosegue poi lungo il filo di altre dodici parole chiave: “Droga”; “Cura”; “Gioco”; “Performance”; “Prodotto”; “Ucronia”; “Utopia”; “Rito di passaggio”; “Fallimento”; “Dono”; “Comunità”; “Rivoluzione”. Per ciascuna, l’autorǝ sfata miti e analizza fatti storici od opere letterarie. L’ultimo capitolo è costituito da un glossario con la terminologia specifica impiegata nel saggio.
Il risultato è un’opera che getta luce sulla potenziale bellezza di ciò che è apparentemente indesiderabile, anche per criteri di età (“troppo avanzata”), di forma o di abilità fisica. Dall’esame della realtà BDSM, si approda quindi un orizzonte più ampio: il riappropriarsi dell’autostima e della sessualità, al di fuori dei diktat non scritti che non tengono conto delle caratteristiche reali e dei bisogni di ciascunǝ.