Il Papa e l’aborto: per lui si tratta di Omicidio
Il discorso del Santo Padre Francesco ai partecipanti al congresso promosso dalla Società Italiana di Farmacia Ospedaliera viene tenuto il 14 Ottobre ed è incentrato sulla solidarietà ai lavoratori del settore medico.
Termina tuttavia con un sermone incentrato sulla dimensione etica della professione medica, ovvero sull’aborto, un tema molto delicato, su cui il massimo esponente pontificio ha sempre esposto chiaramente la sua posizione.
La sua contrarietà è indiscutibilmente giustificata dalla sua posizione, tuttavia i termini utilizzati al fine di rendere accettabile quella che non possiamo negare essere una violazione dei diritti delle donne, fa molto riflettere.
Il papa e l’aborto: dimentica che lo Stato italiano è laico
Oggi c’è un po’ la moda di pensare che forse sarebbe una buona strada togliere l’obiezione di coscienza
esordisce letteralmente Francesco, come a ipotizzare che desiderare di andare in ospedale a sottoporsi ad un’operazione potenzialmente letale per sé e la prole futura, sia una comune fantasia popolare. Torna però subito al punto, ossia rivangare con chiarezza che l’aborto “si tratta di un omicidio e non è lecito diventarne complici”. Poi, però, suggerisce anche di “stare vicino alle situazioni, specialmente alle donne, perché non si arrivi a pensare alla soluzione abortiva”.
Parole molto decise quelle usate dal pontefice, specialmente considerando che ci troviamo in un Paese laico, dove l’aborto è legale e soprattutto per diventare medico è obbligatorio il giuramento. Giuramento che viene puntualmente messo in discussione ogni qual volta un aborto viene negato e liquidato rapidamente con “Ma no, e se poi ci ripensi?”.
Le donne hanno il diritto di scegliere
Parole che fanno pensare a cosa possa mai servire stare accanto ad una donna che ha subito la peggiore delle violenze, o che semplicemente non vuole mettere al mondo un altro figlio da far percuotere al padre-padrone di turno, o che ancor più semplicemente aveva programmi di vita diversi e non intende buttarli via per un preservativo che si è rotto o per un salto della quaglia finito male.
È un po’ come se una personə rimanesse con tre dita dopo aver calpestato involontariamente un petardo, andasse dal medico e quest’ultimə gli dicesse che obietta. Obietta di non voler curare una persona con tre dita perché è come l’animale proibito della sacra scrittura.
Ora, sinceramente, voi come reagireste?
Gli uomini decidono per le donne da sempre
Inoltre, perché dovrebbe decidere un uomo su qualcosa di cui non ha esperienza né mai potrà averla, dal momento che sono le donne ad avere gravidanze? Interrogandosi su quesiti simili appare chiaro come sia necessario un cambiamento sociale, che deve necessariamente partire dai livelli di istruzione più bassi, volto all’equità di genere.
Per capirne la necessità, provate a immaginare come sarebbe il mondo se fossero gli uomini a partorire… Abortire per chi lo richiederebbe sarebbe il minimo, cosi come almeno sei anni di paternità e congedi da lavoro quando arriva il ciclo, inoltre quei 9 mesi, per gli intrepidi padri, verrebbero trascorsi in strutture ricche di comfort e con assistenza medica 24/7 pagate dalla mutua, come sarebbe giusto che sia. Quindi, viene da chiedersi, perché allora non è così?
Senza bisogno di cambiamenti chissà quanto estremi, un buon inizio sarebbe sicuramente lasciare alle personə di decidere su ciò ha a che vedere con il proprio corpo. Fintanto che non si va ad intaccare la libertà di qualcun altrə, questo non dimentichiamolo mai.
Ci vorrebbe un mondo più equo e inclusivo
Infine, la sfida che abbiamo noi oggi è quella di far comprendere alle nuove generazioni che prima ancora di parlare di maschi e femmine, è opportuno iniziare a parlare di esseri umani. Apparteniamo alla stessa specie e solo agendo in modo tale che tutti ci guadagnino, o provandoci almeno, creeremmo una società migliore. Una società dove tuttə hanno dei diritti di base che da un lato non permettano l’assoluta povertà e diano eque opportunità, dall’altro che favoriscano la meritocrazia, la non discriminazione, l’apertura mentale e la semplice consapevolezza che ciò che è vero oggi, forse, non lo sarà domani.
Nell’attesa di uno Stato davvero Laico…
Lo so, appare assai difficile creare qualcosa del genere se il punto di partenza è uno Stato laico dove a fare legge è un altro stato, separato, che ha una folta base di sostenitori e che fa leva sulla parte peggiore dell’essere umano, quella bruta e prevaricatrice. Ma se ancora oggi siamo qui ad interrogarci sull’effettiva correttezza della pratica abortiva, vuol dire che la volontà di cambiare ed evolverci c’è, pensate che già Dante Alighieri esordiva così, nei versi forse più famosi della sua Commedia, e che per secoli hanno funto da antidoto all’imbarbarimento:
“Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute a caunoscenza”.
Dietro a queste posizioni c’è un problema di fondo: capire quando una cellula fecondata diventa un essere umano. Credo che nessuno di coloro che sono pro aborto sostenga che si possa avere il diritto di uccidere un bambino: chiunque non sia una bestia (e purtroppo di bestie qualcuna ce n’è, sia tra i “pro” che tra gli “anti”) sa un essere umano è intangibile, comunque sia stato generato. Il problema è, allora di capire quando un po’ di materiale organico diventa una persona. La Chiesa Cattolica dice: “Da subito, dalla fecondazione”, chi propone l’aborto dice: “Da un po’ dopo”. La posizione cattolica ha un vantaggio, protegge dagli errori di determinazione di quanto sia questo “po'”, mentre chi accetta questo “dopo un po'” si appoggia a valutazioni che spesso sono figlie di un compromesso politico, tant’è vero che nelle diverse legislazioni il confine è diverso. E allora, nell’attesa di capire con certezza dov’è il vero confine tra un’aggregazione di cellule e la vita di una persona si tratta di rispondersi se la libertà ed il benessere di un essere umano sono prevalenti rispetto alla possibile morte di un altro.